martedì 21 settembre 2010

Emo? What does it mean?

 Era già da un pò che volevo documentarmi su questo fenomeno che molto interessa le nuove generazioni. Così, "girovagando" sulla Rete ho trovato queste affermazioni che mi sembrano sufficientemente esaustive.
L'articolo è a cura di Redazione GirlPower.


Negli ultimi tempi sentiamo sempre più parlare di Emo, non sapendo tuttora esattamente  cosa intendere con questo termine.
Inizialmente, pare si riferisse ad un genere musicale compreso all' interno del punk rock e che nel corso del tempo abbia conseguito diverse modifiche che ne hanno ampliato gli orizzonti melodici .
Tutto sembra aver avuto origine nel 1985 a Washington , quando Guy Picciotto e Ian Mackaye idearono uno stile musicale innovativo e personalizzato, che vide Mackaye divenire il fondatore degli Embrace , uno dei primi gruppi emo.
Da fenomeno musicale, Emo è diventato il sinonimo di una filosofia di vita che rende i ragazzi che ne fanno parte, riconoscibili da aspetti legati alla cultura e all'abbigliamento.
Pare che quest' ultimo sia caratterizzato da jeans particolarmente stretti, cinture con borchie, una lunga e asimmetrica frangia ed occhi truccati di nero, in definitiva, una variante delle primigenie forme di stile.
Quello che ci proponiamo di trattare non è tuttavia lo stile musicale, quanto alcuni aspetti della filosofia di vita dei ragazzi Emo, i quali si definiscono di estrema sensibilità, da cui l'origine del termine diminutivo di "Emotive" o "Emotional".
Quella che però viene etichettata come sensibilità , potrebbe essere il campanello d'allarme di una forma di disadattamento sociale: come emerge dalle dichiarazioni di alcuni giovani Emo infatti, le sofferenze acute e profonde nell'anima costituirebbero un presupposto fondamentale per entrare a far parte di suddetti gruppi . E' come se un' incapacità sostanziale di esprimersi si tramutasse nella proiezione di "non essere capiti" e spesso giudicati.
Emo racchiuderebbe il significato insito di tristezza e solitudine travestiti nell'amore per qualcosa di veramente importante . "La vita vissuta sulla soglia della sofferenza e l'inizio della felicità", si legge dalle definizioni di giovani Emo.
E' come se la lunga frangia asimmetrica dei capelli nascondesse le lacrime,  ma non del tutto: si tratta di giovani intenti a mostrare al mondo ciò che provano, un modo per dire "guardami, sono qui!", un cercare l'attenzione rivolta al cuore, e a tutte le emozioni belle e meno belle che questo regala .
Emo è,  a volte,  un periodo buio in cui cercare risposte, in cui si soffre nell'attesa della luce.
"Emo è la vita vissuta in bilico tra  il  bianco e il nero che non arriva mai al grigio".
Fin qui, il pensiero si plasma prendendo forma di estrema dolcezza.
Eppure,  leggendo bene qua e là tra gli scritti degli Emo, o presunti tali, emergono parole di gran lunga inquietanti , come quelle che riportano che sono nate due mode, una esalta l'eccessiva magrezza e l'altra la mania perversa e pericolosa di farsi dei tagli sulle braccia .
Tagli che non restano nascosti, ma abilmente esposti fingendo di celarli e che richiamano il chiaro messaggio di un bisogno d' aiuto.
E qual che è peggio, è che il fenomeno interessa sempre di più adolescenti di 16, 17 anni al massimo, che fotografano le ferite autoinflitte per esporle su siti internet.
Emerge chiaramente che l'autolesionismo è più frequente dei tentativi di suicidio, ed indagini portano alla luce che una ragazza su dieci si provoca ferite o graffi, come quasi per sostituire il dolore dell' anima con quello fisico, molto più facilmente gestibile.
Chi sono dunque gli Emo? Ragazzi accomunati dalle stesse passioni musicali, o adolescenti in cerca di una propria identità?
A voi le risposte.

Mi è sembrato un articolo molto appropriato per il mio blog.
I giovani "cercano" attenzioni, cura da parte di noi adulti. Il loro disagio dipende solo da noi, dalle nostre insicurezze, dai nostri errori (anche quelli commessi in buona fede, purtroppo!).
Ripeto spesso che genitori non si nasce, si diventa; pian piano, l'importante è tenere aperto il nostro cuore ed ascoltarli

venerdì 10 settembre 2010

Spunti poetici


Si riparte ... di nuovo Poesia

"L'Amicizia"
   Kahlil Gibran

"E un adolescente disse: parlaci dell'Amicizia.
E lui rispose dicendo:
Il vostro amico è il vostro bisogno saziato.
E' il campo che seminate con amore e mietete con riconoscenza.
E' la vostra mensa e il vostro focolare.
Poiché, affamati, vi rifugiate in lui e lo ricercate per la vostra pace.
Quando l'amico vi confida il suo pensiero, non negategli la vostra approvazione, né abbiate paura di contraddirlo.
E quando tace, il vostro cuore non smetta di ascoltare il suo cuore.
Nell'amicizia ogni pensiero, ogni desiderio, ogni attesa nasce in silenzio e viene condiviso con inesprimibile gioia.
Quando vi separate dall'amico non rattristatevi: la sua assenza può chiarirvi ciò che in lui più amate,
come allo scalatore la montagna è più chiara della pianura.
E non vi sia nell'amicizia altro scopo che l'approfondimento dello spirito.
Poiché l'amore che non cerca in tutti i modi lo schiudersi del proprio mistero non è amore, ma una rete lanciata in avanti e che afferra solo ciò che è vano.
E il meglio di voi sia per l'amico vostro.
Se lui dovrà conoscere il riflusso della vostra marea, fate che ne conosca anche la piena.
........
Poiché nella rugiada delle piccole cose il cuore ritrova il suo mattino e si ristora".


A chi di noi non è accaduto di rimanere delusa da un'amica?
Ci siamo fatte domande, abbiamo chiesto più volte a noi stesse "cosa ho sbagliato?", a volte abbiamo trovato risposta e abbiamo cercato di "aggiustare il tiro", a volte no.
Abbiamo sofferto, ripetendo a noi stesse che la cosa non sarebbe più accaduta, che saremmo state "attente la prossima volta", ma ciò sistematicamente non è accaduto e, in un altro rapporto di amicizia, ci siamo messe di nuovo in gioco.
E, lasciatemelo dire, meglio così.
Non voglio affermare "chi trova un amico trova un tesoro"  (rischierei di far venire il diabete a chiiunque avesse voglia di leggere queste righe!)
Vorrei solo far riflettere sulla validità di avere un' amica in questo tormentoso momento sociale  dove ci si frequenta solo per il proprio tornaconto, si è presenti solo per essere "nel giro", si azzera la nostra spontaneità, i nostri convincimenti, le nostre idee.
Facciamo uno sforzo per essere più vere, più trasparenti, più coerenti, forse qualcosa riuciremmo a raggiungere, forse riuciremmo a "risvegliare" l'Essere Umano.

giovedì 5 agosto 2010

Chi vuol esser lieto sia ...


Da: "Canzona di Bacco" - Lorenzo de' Medici

"Quant'è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza." ...

La Canzona di Bacco fu composta dal Magnifico Signore di Firenze in occasione del carnevale.
Questo è uno dei canti che descrive il Dio del vino il quale  avanza, accompagnato dalla sposa Arianna seguito da satiri, ninfe ed altri personaggi.
Dalla lettura seppur breve di questa parte della Canzona, si evince come il tema della fugacità del tempo
venga piegato ad un significato edonistico: l'appello a godere,  finchè si è in tempo, i piaceri della vita.
Ma non sembra a Voi tutti che questo edonismo sia venato di malinconia?
Questo richiamo all'ebrezza, alla superficialità, al dover cogliere i frutti della buona sorte che la vita ci
offre quotidianamente ci rende immancabilmente consapevoli dei nostri limiti,  del fatto che ognuno
di noi sia destinato ad affrontare le esperienze negative di ogni giorno.
E  allora, perchè non vivere con "un sorriso sulle labbra", con quel sorriso che ci fa vedere il bicchiere della nostra vita sempre mezzo pieno, con quell'allegria goliardica che non cade nell'eccessività, nella frenesia del "dover" vivere all'insegna del divertimento assoluto?
Riprendiamo  dunque il "Carpe diem" di Orazio, ma facendone buon uso!



lunedì 2 agosto 2010

Va' dove ti porta il cuore - Susanna Tamaro

Questo libro, del 1994,  è una lunga lettera scritta da un'anziana signora di circa  ottant'anni che,  spinta dal timore di non avere più abbastanza tempo per vivere,  decide di scrivere una lettera alla nipote che vive lontana.
La lettera della signora si trasforma in un diario attraverso il quale ella cerca di recuperare il rapporto con la nipote che e' stato distrutto dagli eventi della vita. Unite fin dalla nascita della ragazza rimasta presto orfana, esse hanno sempre vissuto insieme. In tutte le pagine la signora narra di sè e di come trascorre le sue giornate da sola (non può uscire in quanto le mancano le forze e l'inverno e' ormai alle porte).
In questa lettera confida alla nipote  fatti segreti e significativi della sua vita, sia quelli drammatici che quelli più felici. Parla del suo intero passato e di tutto ciò che ha vissuto e sofferto nel rapporto con la figlia, prima che questa se ne andasse. Nello scrivere usa uno stile narrativo tutto particolare, grazie a cui riesce a rendere bene il concetto della dolcezza del ricordo. Sul concetto di ricordo si basa appunto tutto il libro: infatti è il ricordo il mezzo con cui Olga, prima che sia troppo tardi, vuole far rinascere quell'affetto che era esistito tra lei e la nipote Lea, interrottosi però molto bruscamente.  Conclude il diario-lettera rammentando alla nipote di aprire il cuore alle gioie della vita e di non precludersi nessuna delle tante strade che la vita le presenterà; non dovrà farsi prendere dalla fretta, ma con molta calma e tranquillità dovrà fermarsi a riflettere ascoltando il suo cuore, che sarà l'unico a darle l'indicazione giusta.

Prendo spunto dallo splendido  libro della Tamaro per sottolineare, ancora una volta, quanto siano importanti nella vita le scelte "di cuore".
Parlo spesso della grande importanza di avere una "mente libera", sostengo sovente che una "mente libera" non abbia "prezzo". Abbandoniamo compromessi e sciocche finzioni, ascoltiamo di più noi stesse, il nostro cuore, poniamoci degli obiettivi e cerchiamo di raggiungerli con preparazione specifica, lealtà e trasparenza.
Acquistiamo dignità "sul campo" e questa lasciamola come tesoro ai nostri figli.

martedì 27 luglio 2010

La donna e la gallina - Favola di Fedro


C’era una volta una vedova, che aveva un pollaio e nel pollaio c’era una gallina davvero speciale. Questa infatti era capace di donarle un uovo al giorno.  L’uovo aveva una particolarità : era più grande e più buono di tutti quelli prodotti dal pollaio. 
La vedova allora pensò: ”Se aumento la quantità di  grano che le dò da mangiare potrà ogni giorno sfornare almeno due uova”. Così fece ... ma si lasciò “prendere la mano”. La gallina, infatti, ingrassò così tanto che a un certo punto non fu più in grado di darle nemmeno l’unico uovo.  
 La vedova, demoralizzata e arrabbiata, chiamò il miglior veterinario del paese per cercare di porre rimedio, ma era troppo tardi, la gallina si ammalò e morì. 


La morale di questa favola credo salti subito agli occhi. Quante volte non apprezziamo la nostra realtà e puntiamo ad obiettivi più alti, puntiamo ad arrivare primi in una corsa infinita di puro arrivismo, oserei dire di puro materialismo. 
Non importa come, non importa se per arrivare è necessario sgomitare o calpestare chi ci sta accanto.
Crediamo solo di chiudere, in questo discutibile modo,  quelle lacune che sono in noi senza pensare che le stiamo solo tamponando e non risolvendo.
Così come,  a volte,  facciamo  shopping solo per il gusto e la voglia di riempire quel "buco" che forse nasce da un piccolo disorientamento, da una insicurezza, da un nostro piccolo grande disagio;   senza pensare che quel buco si ripresenterà non appena si uscirà dal   negozio.
Non voglio fare nessuna morale, voglio solo portare ad una riflessione: questa crisi economica che, chi più chi meno, stiamo avvertendo un pò tutti, si sarà verificata solo perchè l'essere umano aveva bisogno di una battuta d'arresto in quella sua folle corsa al materialismo?, potrà rappresentare per noi un'occasione per riflettere su noi stessi, su quello che vogliamo e sulla strada da percorrere?
Parliamo spesso di valori ormai persi, possiamo rispolverarli?

lunedì 26 luglio 2010

Spunti poetici

 “Lentamente muore chi diventa schiavo delle abitudini, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi … chi non parla a chi non conosce.
Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso…”
(Martha Medeiros “Lentamente muore”).
Trovare equilibrio in noi stessi è cosa non da poco, ci possono aiutare solo le esperienze, i confronti, i dolori, le gioie, … la vita.
E se la vita è un film, il nostro film, tanto vale viverlo da protagonisti! Non per avere il ruolo principale, ma per donare e trasmettere le esperienze vissute in prima persona a tutti coloro che ci circondano, quelle belle e quelle brutte.
A 50 anni ci sembra di aver già fatto quelle scelte importanti su cui si è basato il nostro percorso di vita poi, la perdita di un lavoro, un terremoto, un problema economico  … accrescono in noi le ansie per il nostro futuro e quello dei nostri cari,  addirittura quello della nostra società.
Cresce in noi la paura di, la paura di affrontare il quotidiano, la paura di affrontare la vita.
Queste righe non hanno la presunzione di divenire una bacchetta magica con la quale superare le difficoltà, ma vogliono rappresentare solo un modo per  far girare un po’ di ottimismo, un approccio più ottimistico alla vita.
Quindi, agguantiamo la tastiera del nostro PC e scriviamo, scambiamoci i nostri vissuti.
Prendiamoci una battuta d’arresto, il tempo di un caffè e fissiamo la quotidianità delle nostre 50 Primavere di Maturità!